venerdì 10 giugno 2022

Discussioni

 


A iosa.

Da non confondere col blaterare così tanto per blaterare, come dico sempre parole vuote, se poi non si arriva alla sostanza del fatto che crea la discussione.
C'è questa parlare di guerra, un continuo infinito parlare di pace, più di pace si parla più incalza la guerra.
Più spettacolarizzazione del dolore c'è più ne fanno vedere ...... 
io in tutto questo ci vede solo un approfittarsi di un povero popolo ucraino per fare spettacoli che superano gli odiens di altri spettacoli ............. per il tipo a chi la spara più grossa.

C'è propio il dissacramento della notizia in largo in lungo ed in profondità.
E' giusto?
No, assolutamente No.
A questo punto mie care emittenti se programmate un po di ottimi film con qualche pornografico sicuramente avrete l'applauso del vostro affezionato telespettatore, che il più giovsne oggi avrebbe minimo  80 anni.
Perchè l'Italia è una Nazione di vecchi.
Nascite quasi a zero

mercoledì 8 giugno 2022

Usura: per la Cassazione non sussiste alcuna imprescindibile esigenza di omogeneità

https://blog.ilcaso.it/news_1919
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Con Sentenza n. 16077/2022 la Cassazione torna sull'annosa questione dell'omogeneità del confronto da operarsi, ai fini del vaglio usuraio, tra i criteri di rilevazione del T.E.G.M.[1] ed il calcolo del T.E.G.[2] del singolo rapporto di credito.


E' noto come la norma di riferimento, la Legge n. 108/96, nel riformare il comma IV dell'art. 644 c.p. abbia previsto una definizione lata, ampia, omnicomprensiva di interesse, da intendersi, più propriamente, quale costo del denaro. Tale onnicomprensività è confermata dall'esclusione, unica, prevista dallo stesso legislatore in tale comma: «[…] per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito».

A favore della onnicomprensività, è di interesse la sentenza della Cass. Civ., Sez. I, 05 aprile 2017, n. 8806, Rel. Dolmetta, «La normativa di divieto dei rapporti usurari - così come in radice espressa dall'art. 644 cod. pen., nella versione introdotta dalla legge n. 108/1996, nel suo art. 1 - considera rilevanti tutte le voci del carico economico che si trovino applicate nel contesto dei rapporti di credito. […] Del resto, non avrebbe neppure senso opinare diversamente nella prospettiva della repressione del fenomeno usurario, l'esclusione di talune delle voci per sé rilevanti comportando naturalmente il risultato di spostare - al livello di operatività della pratica - la sostanza del peso economico del negozio di credito dalle voci incluse verso le voci escluse. […] La centralità sistematica della norma dell'art. 644 in punto di definizione della fattispecie usuraria rilevante non può non valere, peraltro, pure per l'intero arco normativo che risulta regolare il fenomeno dell'usura e quindi anche per le disposizioni regolamentari ed esecutive e per le istruzioni emanate dalla Banca d'Italia. Se è manifesta l'esigenza di una lettura a sistema di queste varie serie normative, pure appare chiaro che al centro di tale sistema si pone la definizione di fattispecie usuraria tracciata dall'art. 644, alla quale si uniformano, e con la quale si raccordano, le diverse altre disposizioni che intervengono in materia».

Il ruolo rivestito da Banca d'Italia deriva dall'art. 2 Legge n. 108/96, comma 2, che testé prevede: «La classificazione delle operazioni per categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie è effettuata annualmente con decreto del Ministro del tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi e pubblicata senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale».

A partire dal comune pensare, logicamente ispirato, che il confronto tra due entità abbisogni, per poter vantare un qualche significato, che venga rispettata l'omogeneità degli elementi da confrontare, la giurisprudenza di merito, senza approfondirne l'effettiva corrispondenza ed il rispetto di tale assunto, ha sposato tout court tale elementare principio facendo affidamento sulla buona tecnica utilizzata da Banca d'Italia. Tuttavia le "emanazioni" di Banca d'Italia, non si limitano alle suddette categorie, bensì sono rappresentate anche dalle Istruzioni per la Rilevazione dei Tassi Effettivi Globali Medi ai sensi della legge sull'usura: in ambo i casi si prospettano alcune criticità che fanno dubitare sull'effettiva coerenza con il disposto ex Legge n. 108/96, nonché dell'efficacia e coerenza tecnica dei criteri adottati.

E' sommessa ma convinta opinione dello scrivente che alcune categorie siano contraddistinte da disomogeneità ad origine, che sia innegabile l'incoerenza matematica di alcune formule per il calcolo dei T.E.G.M. (vedesi quelle da applicarsi ai conti correnti) e distorsivo il peso di esclusioni (illegittime) di voci di costo o di interi cluster.

Le C.M.S.[3] e gli interessi moratori sono tra le voci di costo che hanno suscitato maggiore contraddittorio a causa della mancata inclusione, ad opera di Banca d'Italia, nella rilevazione del T.E.G.M. e corrispondentemente, nel tasso soglia.

Per quanto attiene la Commissione di Massimo Scoperto la cassazione è intervenuta con la nota sentenza SS.UU. n. 16303/2018. Ebbene queste confermarono che «la commissione di massimo scoperto […] non può non rientrare tra le commissioni o remunerazioni del credito menzionate sia dall'art. 644, comma quarto, cod. pen. (determinazione del tasso praticato in concreto) che dall'art. 2, comma 1, legge n. 108 del 1996 (determinazione del T.E.G.M.), attesa la sua dichiarata natura corrispettiva rispetto alla prestazione creditizia della banca».

Discutibili risultano, invece, le conclusioni e la soluzione rimediale "proposta": la comparazione tra la C.M.S. e la C.M.S.-soglia è in netta contraddizione con il disposto normativo, laddove questo non fa alcun riferimento a singole voci di costo, bensì al costo "effettivo e globale" da calcolare e confrontare con quello rilevato per la medesima categoria di affidamento, per la quale trimestralmente viene determinato il T.S.U. sulla scorta del costo medio praticato. Non di meno, non si vede come possa essere espressione del costo del denaro non essendo tale procedimento in alcun modo parametrato all'effettiva misura del credito utilizzato. Tuttavia, perviene alla conclusione che tale metodica garantisca la "piena comparazione" (omogeneità): «La C.M.S. viene rilevata separatamente, espressa in termini percentuali […] rapportando l'importo della commissione effettivamente percepita all'ammontare del massimo scoperto sul quale è stata applicata". […] La presenza di tale dato [C.M.S. media] nei decreti ministeriali è sufficiente per escludere la difformità degli stessi rispetto alle previsioni di legge, perché consente la piena comparazione, tenendo conto di tutti gli elementi che la legge prevede, comprese le commissioni di massimo scoperto, tra i corrispettivi della prestazione creditizia praticati nelle fattispecie concrete e il tasso soglia: nel che si sostanzia, appunto, la funzione propria dei decreti in questione, la quale è dunque adempiuta».

Vediamo di dipanare ogni dubbio sul funzionamento di questo meccanismo (c.d. del "margine") che per chiarezza (ed efficacia) non eccelle. Spiegata in termini diversi dal dettato normativo, la commissione effettivamente applicata, per l'entità pari alla misura della C.M.S.-soglia (data dalla C.M.S. media aumentata del 50% così come si procedeva, a quell'epoca, per il ricavare il T.S.U. dal T.E.G.M.) risultava legittima, mentre l'eventuale parte eccedente, andava sommata con gli interessi per la verifica di "conformità" del T.E.G..

Orbene, la Corte non tiene conto della profonda differenza tra il concetto di accordato e di utilizzato: nel caso di specie, peraltro, mentre l'accordato ha una durata identificabile, nell'ipotesi della C.M.S. ci si riferisce ad una percentuale "secca" applicata ad un picco di utilizzo, non rapportata al tempo e del tutto disancorata dall'accordato stesso e dall'utilizzo del fido che il correntista ha fatto. La medesima percentuale applicata a due conti aventi medesimo affidato e uguale picco di utilizzo ma con sconfinamento di durata diversa, realizzano un costo del denaro innegabilmente diverso, in spregio (e negazione) della presunta perfetta equiparazione!

I numeri ci sovvengono in aiuto.

Ipotesi comune:

- fido pienamente utilizzato pari ad Euro 50.000,00;

- T.A.N. 5%;

- C.M.S. 0,75% (pari ad Euro 525,00);

- massimo scoperto 70.000,00.

Ora aggiungiamo due diverse ipotesi:

a) sconfinamento di 30 gg: CMS pari al 9,125% dello sconfinamento - T.E.G. 8,7573%;

b) sconfinamento di 60 gg: CMS pari al 4,562% dello sconfinamento - T.E.G. 8,3596%.

L'incidenza delle C.M.S. sullo sconfinamento e l'effetto sui T.E.G. sono tali da escludere la "piena comparazione" sulla quale si basa la stessa sentenza delle SS.UU. n. 16303/2018. Vediamo, infatti, che a parità di C.M.S. in termini percentuali ed assoluti, la sola diversa durata dello sconfinamento realizza un costo accessorio del denaro ben diverso. Il fattore tempo non può non essere tenuto in considerazione essendo un costo del denaro e ciò è confermato dalla stessa sentenza che prevede che le eventuali commissioni oltre-soglia, vadano a sommarsi agli interessi.

A ben guardare, sarebbe applicabile la massima ricavabile da questa sentenza, secondo la quale «la difformità degli stessi (decreti ministeriali) rispetto alle previsioni di legge […] imporrebbe al giudice ordinario di prendere atto dell'illegittimità dei decreti e di disapplicarli». Precetto di portata generale, valevole ogni qualvolta risultino contra legem, ossia non realizzino i presupposti fondanti della Legge n. 108/96. Il paradosso che ne ricaviamo è che le SS.UU. imporrebbero ai magistrati di disattendere lo stesso rimedio proposto per le C.M.S. non garantendo questo (testé) la "piena comparazione" paventata quale soluzione di tutti i mali.

Su questo solco si innesta la citata sentenza Cass. n. 16077/2022 che così commenta e motiva: «[…] a prescindere dal rilievo che le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 16303/2018, con l'elaborazione del predetto meccanismo che fa capo alla CMS soglia, hanno individuato una soluzione che consente di comparare dati omogenei, in ogni caso, non è condivisibile l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui costituirebbe elemento imprescindibile ai fini di accertare l'usurarietà del tasso applicato l'omogeneità dei termini di comparazione.

In proposito, questa Corte, nella recentissima sentenza a Sezioni Unite n. 19597/2020, nel ribadire l'orientamento interpretativo secondo cui in nessun caso il giudice è vincolato al contenuto della normazione secondaria nell'esercizio della sua attività ermeneutica […]» non fa che rimarcare quanto sostenuto (sino ad ora invano) dalla stessa SS.UU. n. 16303/2018 laddove impone ai Giudici di disapplicare le disposizioni di Banca d'Italia se contra legem.

Se vogliamo la Cass. n. 16077/2022, pur arrivando alla medesima conclusione, motiva che le "emanazioni" di Banca d'Italia sono rivolte al ceto bancario e non sono vincolanti per il calcolo del T.E.G. del singolo contratto: l'ampio margine tra T.E.G.M. e T.S.U. è tale da poter agevolmente "ammortizzare" eventuali incongruenze e anziché limitarsi a prevederne la "disapplicazione" colma un vuoto nell'individuare nella "buona tecnica" la soluzione rimediale, questione lasciata aperta dalle Sezioni Unite.

NOTE
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[1] T.E.G.M.: Tasso Effettivo Globale Medio rilevato da Banca d'Italia per categorie omogenee di credito (base di calcolo del T.S.U. - Tasso Soglia Usura)

[2] T.E.G.: Tasso Effettivo Globale del singolo rapporto di credito da sottoporre al vaglio usuraio

[3] C.M.S.: Commissione di Massimo Scoperto (per i conti correnti)

lunedì 6 giugno 2022

La nuova riforma del pignoramento presso terzi

 https://blog.ilcaso.it/news_1917/30-05-22/La_nuova_riforma_del_pignoramento__presso_terzi

Pubblicato il 30/05/22 17:42 [Articolo 1917]

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1. Premessa

Con la Legge Delega 206/21[1] il legislatore ha dettato la cornice di principio entro il quale il Governo è autorizzato ad emanare, entro un anno dalla entrata in vigore della stessa, uno o più decreti legislativi attuativi della riforma del processo civile.

I criteri direttivi sono fissati per una revisione di più ampio respiro degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, nonchè in materia di diritto di famiglia e persone.

Per quel che interessa alla presente trattazione, la legge contiene altresì norme di immediata applicazione al procedimento di pignoramento presso terzi e volte a rimediare ad uno specifico e non indifferente problema emerso nella prassi[2].

Analizzeremo, dunque, la lacuna che è emersa nella vigenza della precedente disciplina del pignoramento presso terzi e di come questa sia stata affrontata dal legislatore odierno. Come vedremo, sebbene l'inserimento di un nuovo onere in capo al creditore pignorante ponga fine all'inconveniente creatosi, d'altra parte finisce con il rendere il processo esecutivo ancor più farraginoso per l'operatore del diritto; evidentemente in contrasto con i fini di semplificazione, speditezza e razionalizzazione che la legge 206/21 - invero, non diversamente da altre precedenti riforme del diritto processuale civile - si è auto imposta.



2. La legislazione attuale: una breve sintesi.

Con l'art. 543 c.p.c. si apre il capo III relativo all'espropriazione mobiliare presso terzi, ossia il procedimento esecutivo che il creditore deve scegliere qualora voglia aggredire beni del debitore ma in possesso di terzi, oppure, crediti del debitore verso terzi, al fine di soddisfare un proprio credito cristallizzato in un titolo esecutivo.

Il pignoramento si esegue attraverso la notifica effettuata tramite Ufficiale Giudiziario, al debitore ed al terzo pignorato, di un atto contenente l'ingiunzione dell'art. 492 c.p.c., nonchè gli ulteriori requisiti previsti dall'art. 543 c.p.c.

Il creditore potrà iniziare l'esecuzione notificando il pignoramento soltanto una volta trascorsi 10 giorni dalla notifica del precetto ed entro 90 giorni dallo stesso, altrimenti il precetto perde efficacia e dovrà essere rinotificato al debitore.

Eseguita l'ultima notificazione l'ufficiale giudiziario, a rigor di norma, consegna senza ritardo l'originale dell'atto di pignoramento al creditore procedente[3] affinché possa procedere alla l'iscrizione a ruolo entro il termine di 30 giorni, depositando presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione e tramite il PCT copia degli atti (pignoramento, titolo esecutivo e precetto), di cui è attestata la conformità, e la nota d'iscrizione a ruolo.

Potrebbe anche allegare la ricevuta di pagamento, oramai soltanto telematico, del contributo unificato e della marca dei diritti forfettari, ma invero il relativo obbligo sorge soltanto al momento in cui è fatta istanza di assegnazione (o di vendita)[4].

Nell'atto di pignoramento il creditore dovrà indicare l'udienza, eventualmente concordandola con la cancelleria attraverso appositi sistemi di prenotazione, alla quale il debitore potrà presenziare. Udienza che non potrà svolgersi entro 10 giorni dalla notifica del pignoramento.

Il terzo pignorato, all'udienza così fissata, oppure con atto fatto pervenire al creditore entro la stessa, dovrà dichiarare di quali cose o di quali somme è debitore nei confronti del debitore esecutato e l'esistenza di precedenti pignoramenti o sequestri sugli stessi beni (art. 547 c.p.c.).

Se la dichiarazione è fatta allora il giudice può procedere, in caso di capienza, ad emettere ordinanza di assegnazione dei crediti/beni dichiarati dal terzo, al creditore; altrimenti, si procederà a norma degli artt. 548 e 549 c.p.c.



3. L'inconveniente applicativo creatosi con la precedente disciplina: il termine per iscrivere.

All'apparente linearità del dettato normativo si contrappone un elemento di complicazione dato dalla prassi giudiziaria.

Abbiamo visto che l'U.G., a norma dell 'art. 543, co. 4 c.p.c., deve consegnare senza ritardo l'atto di pignoramento al creditore procedente affinché questo possa procedere entro 30 giorni all'iscrizione.

Invero, non è l'Ufficiale Giudiziario a restituire gli atti al creditore procedente - ed infatti, come potrebbe, se non recandosi materialmente dall'avvocato che ha richiesto la notifica o trasmettendogli gli atti per posta con un ulteriore aggravio in termini di costi - ma è quest'ultimo che, eventualmente informato dall'Ufficiale stesso, si recherà all'UNEP per il ritiro degli atti notificati.

La prassi, del tutto legittima, seguita dagli avvocati consiste allora nel fatto che, cominciando a decorrere il termine per l'iscrizione a ruolo soltanto dalla riconsegna degli atti, il creditore ritarda il ritiro (alias restituzione), e quindi l'iscrizione a ruolo, fino ad un giorno molto prossimo all'udienza indicata in citazione.

Il creditore procedente, operando in tal modo, si pone al riparo da creditori intervenienti che insinuandosi nella procedura già in essere concorreranno sullo stesso compendio da lui pignorato, riducendo la somma infine assegnata. Non trovando alcun procedimento iscritto, il creditore che avrebbe diritto ad intervenire non potrà fare altro che iscrivere un nuovo pignoramento e quindi godere di una assegnazione in coda.

Il termine di 30 giorni per procedere all'iscrizione a ruolo, evidentemente posto per scandire il tempo degli adempimenti cui è tenuto il creditore, e quindi per un'esigenza di corretto incedere verso il fine dell'intera procedura, è sostanzialmente posto nella disponibilità del creditore procedente, il quale ha il potere di decidere quando andare a ritirare gli atti e quindi quando far decorrere il termine per iscrivere.

Se il modus operandi appena descritto risulta essere alla luce del lacunoso dettato normativo del tutto legittimo, tuttavia, crea una situazione di grave incertezza sia per il debitore esecutato che per il terzo pignorato.

Il debitore non può sapere quando il creditore deciderà di iscrivere il pignoramento. Di conseguenza se, com'è suo diritto, vuole presenziare all'udienza di assegnazione per essere sentito dal giudice, dovrà periodicamente informarsi in cancelleria chiedendo dell'esistenza di procedimenti esecutivi a suo carico. Ma il dubbio sulla tenuta dell'udienza difficilmente potrà essere fugato fin quando il creditore non procede all'iscrizione, essendo invalsa nei Tribunali la prassi di consentire l'iscrizione del pignoramento anche il giorno stesso dell'udienza.

La situazione di incertezza che si viene a creare coinvolge più gravemente la posizione del terzo pignorato e la esatta portata degli obblighi su di questo gravanti.

Dal momento in cui riceve l'atto di pignoramento il terzo è ex art. 546 c.p.c. soggetto agli obblighi del custode; essendo tenuto per legge ad un comportamento positivo consistente nel sottrarre i beni o le somme di denaro alla disponibilità del debitore, è comprensibile come si ponga in maniera più incisiva l'esigenza di delimitare temporalmente l'obbligo di custodia.

Il problema riguarda più da vicino i casi in cui il terzo pignorato è una banca o le Poste (ipotesi in cui il pignoramento vincola somme di denaro depositate in un conto), ma anche datori di lavoro tenuti a effettuare la trattenuta sullo stipendio.

Accade di frequente, infatti, che, in difetto di qualsiasi comunicazione da parte del creditore, il terzo, per paura di liberare somme che potrebbero essere ancora vincolate alla procedura e di cui egli non conosce né lo stato né gli esiti, non le sblocchi in favore del debitore. Il denaro depositato sul conto rimane bloccato anche per molto tempo dopo che la procedura si è estinta. Ciò almeno, fin quando il debitore non presenti al terzo un certificato di non pendenza o di estinzione della procedura esecutiva, sopportandone i relativi costi.

A ciò si aggiunge che i terzi, molto spesso, per evitare di incorrere in errori, bloccano l'intero conto, senza rispettare quindi i limiti che la legge impone all'art. 545 c.p.c..

Si consideri poi che, anche qualora si attendesse l'infruttuoso trascorrere del giorno dell'udienza di citazione ciò non consentirebbe di escludere che il creditore possa ancora procedere all'iscrizione; potrebbe darsi il caso, infatti, che il creditore ritiri gli atti ed iscriva successivamente all'udienza, importando - per alcune decisioni di merito - soltanto il rispetto del termine di 30 giorni dal ritiro.

Questo diffuso orientamento di merito non sembra però da avallare, se si considera che così facendo si trasforma l'atto introduttivo del processo esecutivo da atto di citazione a comparire, in ricorso. Di fatti, una volta iscritto un pignoramento con udienza già trascorsa al creditore non rimarrà altro da fare che chiedere al giudice la rifissazione dell'udienza; il giudice, fissando la nuova data, disporrà la nuova notifica del pignoramento e del decreto di fissazione al debitore ed al terzo.

Di scarsa utilità, in vista della risoluzione del problema, si è rivelato essere l'art. 164 ter disp. att. c.p.c.

La norma stabilisce che il creditore procedente comunichi la perdita di efficacia del pignoramento per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo entro il termine di 5 giorni dalla scadenza del termine per l'iscrizione; in ogni caso, debitore e terzo sono liberi da ogni obbligo una volta scaduto il termine senza che sia stata depositata la nota.

Orbene, a parte il fatto che la norma ponendo un obbligo sprovvisto di sanzione è, nella quasi totalità dei casi, non rispettato dal creditore che non ha interesse a liberare i beni del debitore; ma, in ogni caso, se il creditore non ritira gli atti dall'UNEP, sarà sempre in tempo per iscrivere, di conseguenza la norma è inconferente al caso nostro.



4. La riforma della L. 206/21, risolve il problema?

La legge delega 206/21 introduce nel corpo dell'art. 543 c.p.c. due nuovi commi, il quinto e il sesto. L'intento è chiaro: si vuole porre fine alla situazione di incertezza in cui vengono a trovarsi debitore e terzo pignorato dinanzi al creditore che non procede tempestivamente all'iscrizione a ruolo del pignoramento.

Il quinto comma onera il creditore di notificare al debitore e al terzo pignorato un avviso di avvenuta iscrizione a ruolo della procedura. La mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo telematico determina l'inefficacia del pignoramento e, quindi, l'estinzione del procedimento esecutivo.

Il sesto comma stabilisce poi che l'inefficacia opera soltanto nei confronti di quei terzi rispetto ai quali non sia stato notificato o depositato l'avviso; continua poi stabilendo che gli obblighi del terzo e del debitore cessano alla data dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento, se l'avviso non è notificato.

Si evince dalla lettura della norma come il legislatore abbia voluto da un lato, eliminare l'incertezza di cui si è detto, onerando il creditore procedente di un ulteriore adempimento, che è l'avviso di iscrizione; dall'altro, ha inteso porre un limite temporale invalicabile agli obblighi di custodia del terzo pignorato. Il limite è individuato nell'udienza di citazione indicata nell'atto di pignoramento: se l'avviso non è notificato o depositato entro la stessa, il terzo pignorato può liberare i beni e le somme vincolate alla procedura in favore del debitore, senza che siano necessarie ulteriore comunicazione del procedente o certificati di cancelleria.

Nonostante l'apparente semplicità del dato normativo, sembra però che la norma sia stata concepita in maniera troppo rigida. Una rigidità che mal si concilia con il vasto genere di ostacoli e contingenze che possono presentarsi nel corso del procedimento esecutivo, in special modo in tema di notifiche.

Non dovrebbero porsi grossi problemi per la notifica dell'avviso nei confronti del terzo pignorato il quale, il più delle volte, è un soggetto obbligato alla tenuta di una PEC (I.N.P.S., banca, poste, datore di lavoro). In tali casi, la notifica dell'avviso ben potrà essere fatta autonomamente dall'avvocato tramite PEC, agli indirizzi pubblicati in appositi registri (vedi INI-PEC o AGID-IPA). Stessa cosa per il debitore qualora sia uno dei soggetti obbligati a tenere una casella di posta elettronica certificata.

Il creditore dovrà successivamente depositare l'avviso notificato e le ricevute di accettazione e, soprattutto, di consegna nel fascicolo telematico.

La questione si complica, viceversa, qualora debitore e terzo pignorato siano persone fisiche, non tenuti ad avere una PEC. Si pensi, ad esempio, al caso in cui sia pignorato il canone di locazione dovuto dal conduttore al locatore. In tale evenienza, la notifica potrà essere fatta autonomamente dall'avvocato, oppure, tramite Ufficiale Giudiziario, i quali potranno avvalersi del servizio postale.

Si comprende allora che, in previsione dei tempi che l'Ufficiale prima e il servizio postale poi possono impiegare per completare la notifica, e dei tempi necessari per munirsi della relativa cartolina, il creditore dovrà, non solo indicare un'udienza di citazione non troppo vicina, ma altresì iscrivere con largo anticipo, al fine di essere certo che la prova della notifica arrivi in tempo utile per l'udienza. In definitiva, sarà molto difficile compiere la pratica di ritirare ed iscrivere in prossimità dell'udienza di citazione per evitare interventi.

Il comma 5 pretende che sia la notifica dell'avviso, che il deposito dell'avviso notificato, siano effettuate entro la data dell'udienza di citazione. La sanzione comminata è la più grave possibile, la perdita di efficacia del pignoramento e la conseguente estinzione della procedura esecutiva.

Potrebbe però darsi il caso che, notificato l'avviso prima dell'udienza, per un qualsiasi motivo non pervenga per tempo la prova della notifica (la famosa cartolina di ricevimento). In tali ipotesi, stante la perentorietà della norma, al giudice dovrebbe essere inibito rinviare ad altra udienza in attesa del deposito, potendo soltanto dichiarare l'inefficacia del pignoramento. Forse si sarebbe potuto optare per un atteggiamento meno intransigente: punire con la perdita di efficacia solamente la mancata notifica dell'avviso prima dell'udienza di citazione, e consentire il deposito della notifica anche in un momento successivo.

Ma vi è di più. La norma, infatti, potrebbe comportare in concreto un inconveniente simile a quello che si voleva risolvere. Si immagini che l'avviso al debitore ed al terzo sia tempestivamente compiuto, ma che non sia depositato per tempo per un qualsiasi causa. Dal momento dell'avviso il terzo sa che alla data dell'udienza non cesseranno i suoi obblighi di custode e che dovrà continuare a trattenere fino a quando non gli venga notificata l'ordinanza di assegnazione. L'esecuzione, tuttavia, è stata dichiarata estinta per mancato deposito nei termini della notifica dell'avviso.

Un'altra evenienza simile potrebbe essere quella nella quale il creditore non abbia depositato per tempo la notifica dell'avviso al debitore, mentre per il terzo ha tempestivamente notificato e depositato l'avviso. Anche in tal caso, il giudice dovrà dichiarare l'inefficacia del pignoramento. In entrambi i casi, il terzo si ritroverà nel dubbio sulla possibilità o meno di liberare i beni, salvo che non sia nuovamente il creditore diligentemente a notiziarlo dell'esito della procedura, oppure, non sia il debitore a munirsi di certificato di cancelleria.



5. Una possibile soluzione: la notifica in cancelleria

Una possibile soluzione agli inconvenienti derivanti dalla riforma in commento viene fornita da chi ritiene praticabile una notifica in cancelleria dell'avviso al debitore[5].

L'Ufficiale Giudiziario, infatti, a norma dell'art. 492, co. 2, c.p.c. con la notifica dell'atto di pignoramento invita il debitore a dichiarare o eleggere domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice dell'esecuzione, con l'avvertimento che, in mancanza, ovvero in caso di irreperibilità presso la sede di residenza o domicilio, le successive notifiche saranno effettuate in cancelleria.

L'espediente sembra praticabile, ed in effetti riuscirebbe a ridimensionare l'incombente posto a carico del creditore, che materialmente dovrebbe soltanto preoccuparsi della notifica al terzo; e ciò considerando che i casi in cui il debitore si premura di dichiarare o eleggere domicilio - e che non vuole costituirsi con un difensore - in cancelleria sono più unici che rari.

Tuttavia, quello descritto sembra appunto un mero espediente per aggirare la ratio della riforma, la quale è rintracciabile anche nella necessità come visto di notiziare il debitore dell'andamento della procedura.

Non trascurabili sono poi le difficoltà che dovrebbero affrontare le cancellerie nel ricevere elezioni o dichiarazioni di domicilio da parte di debitori per procedure non ancora iscritte e che non si sa se verranno effettivamente iscritte.

La notifica in cancelleria sarà percorribile tutte le volte in cui la notifica dell'atto di pignoramento sia stata effettuata a norma dell'art. 140 c.p.c. (e dell'art. 143 c.p.c.).

Il comma 5, art. 543 c.p.c., infatti, non fa alcuna distinzione di sorta, cosicchè l'avviso dovrà essere notificato anche al debitore irreperibile o la cui residenza, domicilio o dimora risultino sconosciuti.

Richiedere, però, una notifica dell'avviso d'iscrizione al debitore che è risultato essere irreperibile e che, pertanto, è possibile che non abbia nemmeno effettiva conoscenza dell'atto di pignoramento, sembra un mero esercizio burocratico. La notifica dell'avviso si compirà verosimilmemte secondo le stesse modalità, ossia con deposito della copia presso la casa comunale, affissione di avviso alla porta e spedizione dell'atto con raccomandata con avviso di ricevimento.



6. Conclusioni

Arrivati al termine della trattazione mi sia permesso svolgere alcune considerazioni finali.

Abbiamo visto quali sono stati gli antecedenti e le ragioni che hanno spinto il legislatore ad intervenire, per così dire, chirurgicamente, con due commi all'interno del procedimento di pignoramento presso terzi. A parte una valutazione sulla validità della riforma che sarà possibile fare soltanto alla prova dei fatti, si trattava in effetti di una lacuna, come altre ve ne sono nell'ambito del procedimento esecutivo mobiliare presso terzi, che continua a comportare numerosi inconvenienti. Vedremo se la giurisprudenza riuscirà in via interpretativa ad alleggerire il peso di una sanzione - quella d'inefficacia del pignoramento - che sembra sproporzionata soprattutto rispetto all'obbligo di deposito dell'avviso.

Inoltre, l'obbligo di comunicazione, se da un lato appare giustificato rispetto alla posizione del terzo pignorato, per le ragioni che si sono esposte, dall'altro, risulta essere eccessivo per la posizione del debitore esecutato. Quest'ultimo, a differenza del terzo, è "parte" interessata della procedura e, pertanto, dallo stesso ben si potrebbe pretendere un comportamento diligente consistente nel richiedere informazioni in cancelleria circa la sussistenza di procedimenti esecutivi a suo carico.

Ovviamente, il codice di procedura civile deve prevedere tempi certi per l'iscrizione a ruolo del pignoramento.

A tal fine, altre strade forse potevano essere battute, che non avrebbe comportato alcun onere aggiuntivo per il creditore procedente.

Si sarebbe potuto prevedere il dovere in capo all'UNEP di comunicare con uno specifico avviso al creditore procedente l'avvenuta notifica dell'atto di pignoramento e la possibilità di poter ritirare l'originale presso l'ufficio. A far data dalla notifica dell'avviso, esclusivamente tramite Pec, sarebbe partito il termine di 30 giorni per l'iscrizione della procedura. In tal modo, si sarebbe sicuramente sottratto al creditore il potere di decidere quando far partire il termine per iscrivere, e di conseguenza si sarebbero fissati tempi certi di andamento dell'esecuzione.

Diversamente si potrebbe applicare l'art. 497 c.p.c., il quale richiede a pena di perdita di efficacia del pignoramento, che l'istanza di assegnazione o vendita venga avanzata entro il termine di 45 giorni dal compimento del pignoramento. Correttamente applicata anche ai pignoramenti presso terzi - e sempre che si ritenga rilevabile d'ufficio dal giudice -, tale norma obbligherebbe il creditore procedente a ritirare celermente gli atti dall'UNEP per procedere all'iscrizione, dato che, soltanto una volta iscritto il pignoramento gli sarà possibile fare istanza di assegnazione entro il termine.

In tal modo, si limiterebbe il periodo di tempo in cui debitore e terzo non sanno se il creditore procederà ad iscrivere e, d'altra parte, non si prevederebbe nessun nuovo onere in capo al creditore.

[1]LEGGE 26 novembre 2021, n. 20, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 9 dicembre 2021. Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonche' in materia di esecuzione forzata. (21G00229).

[2]La Legge stabilisce al comma 37 che le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente articolo si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge. Considerato che il procedimento esecutivo inizia con la notifica dell'atto di pignoramento e che la Legge è entrata in vigore il 24.12.2021, soggiaceranno alla nuova disciplina tutti i procedimenti in cui il pignoramento sia stato notificato dal 22.6.2022 in poi.



[3]Articolo così modificato dal D.L. n. 132/14. Nel regime precedente era l'ufficiale giudiziario a dover depositare l'originale della notifica in cancelleria per la formazione del fascicolo.

[4]DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 maggio 2002, n. 115. art. 14: "La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati, e' tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato".

[5]vedi ALESSANDRO BARALE, L'avviso di iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi, in ILCASO.it, 11 aprile 2022