sabato 11 giugno 2022

I rivoluzionari del 1848

  E' Il riassunto della Primavera dei popoli in Italia e nel resto d’Europa, e
I Guerra d'Indipendenza.
“Fare un quarantotto!”. L’espressione, è noto, significa “creare confusione,
 scompiglio, disordine”. La sua origine è legata agli eventi dell’anno 1848, la cosiddetta
 “Primavera dei popoli”.
Nel 48 il popolo esisteva.

Fu, di fatto, l’epilogo della politica congegnata al Congresso di Vienna da chi aveva sconfitto Napoleone.

Per l’Italia fu uno dei momenti più importanti del processo risorgimentale. Mentre molte città d’Europa si ribellavano per ottenere riforme sociali o per chiedere la concessione di carte costituzionali, nella penisola le lotte si saldarono alla battaglia patriottica volta a ottenere l’indipendenza e l’unità del Paese.

Dal punto di vista continentale, fu Parigi che diede fuoco alle polveri per prima. La monarchia di luglio (quella instaurata da Luigi Filippo d’Orleans nel 1830) era ormai alle corde, scandali e accuse di malgoverno erano all’ordine del giorno. La capitale francese scese in piazza, e per le strade si eressero di nuovo le barricate. Il re, senza lottare, abdicò: la Francia era nuovamente una repubblica.

L’anno delle grandi rivoluzioni, però, aveva preso avvio in Italia, precisamente a Palermo. La Sicilia viveva, da anni, in una condizione di profonda insoddisfazione: da un lato il malgoverno borbonico, dall’altro la perdita dello status di Regno (al Congresso di Vienna le due corone del Sud Italia erano state unite). Il 12 gennaio scoppiò la rivolta: l’isola si dichiarò indipendente e i borbonici vennero cacciati (tranne che da Messina). Ma nel breve volgere di un anno l’esercito borbonico avrebbe avuto la meglio sugli insorti. Ruggero Settimo, presidente del governo isolano, lasciò la Sicilia.

Quanto accaduto in Sicilia, però, ebbe importanti ripercussioni. Nello stesso Regno delle Due Sicilie il re fu obbligato a concedere una Costituzione, imitato in seguito da Leopoldo II di Toscana e, soprattutto, da Carlo Alberto di Savoia che concesse, nel 1848, quello Statuto destinato a diventare la Costituzione del Regno d’Italia.

Intanto la rivoluzione che avanzava in tutta Europa colpiva anche l’Impero d’Austria, addirittura la stessa Vienna. I territori italiani dell’Impero, il cosiddetto Regno Lombardo-Veneto, ben presto si infiammarono.

Milano la ribellione (passate alla storia come le Cinque giornate) portò alla proclamazione di un governo provvisorio nel quale figurava il patriota (e pensatore federalista) Carlo Cattaneo. Lo straniero era stato battuto, ora toccava all’Italia impegnarsi per la riscossa. O almeno così speravano i patrioti.

L’iniziativa fu presa dal re di Sardegna Carlo Alberto che varcò in armi il Ticino. Sotto pressione dei rispettivi sudditi anche Leopoldo II di Toscana, Ferdinando II di Borbone e perfino il papa furono costretti a partecipare alla lotta. Era la Prima guerra d’indipendenza nazionale. Ma i sovrani italiani guardavano con sospetto alle ambizioni espansionistiche del Savoia. Inoltre lo Stato pontificio si trovava nella scomoda posizione di essere in guerra contro uno Stato cattolico. Pio IX si ritirò, seguito immediatamente dagli altri sovrani. Il Regno di Sardegna, da solo, non resse l’urto del ritorno degli austriaci guidati da Josef Radetzky. Milano cadde in agosto. L’anno successivo Carlo Alberto tornò a sfidare l’Impero, ma l’esercito sabaudo venne duramente sconfitto a Novara e il re abdicò.

Quasi contemporaneamente rispetto a Milano era insorta anche Venezia, dove si proclamò la Repubblica di San Marco. Il governo rivoluzionario veneto, guidato da Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, avrebbe tenacemente resistito al ritorno in forze degli austriaci, per cadere, infine, soltanto nel 1849.

Stessa sorte toccò alla Repubblica Romana, nata alla fine dell’anno dopo la fuga del papa e guidata da un triumvirato composto da Aurelio Saffi, Carlo Armellini e, soprattutto, Giuseppe Mazzini. A difenderla le armi di Garibaldi, che furono però impotenti quando, nel 1849, il papa fu reinsediato dall’intervento armato della Francia dove l’esperienza rivoluzionaria si era esaurita e il potere era passato nelle mani di Luigi Napoleone Bonaparte, futuro Napoleone III.

 



venerdì 10 giugno 2022

Discussioni

 


A iosa.

Da non confondere col blaterare così tanto per blaterare, come dico sempre parole vuote, se poi non si arriva alla sostanza del fatto che crea la discussione.
C'è questa parlare di guerra, un continuo infinito parlare di pace, più di pace si parla più incalza la guerra.
Più spettacolarizzazione del dolore c'è più ne fanno vedere ...... 
io in tutto questo ci vede solo un approfittarsi di un povero popolo ucraino per fare spettacoli che superano gli odiens di altri spettacoli ............. per il tipo a chi la spara più grossa.

C'è propio il dissacramento della notizia in largo in lungo ed in profondità.
E' giusto?
No, assolutamente No.
A questo punto mie care emittenti se programmate un po di ottimi film con qualche pornografico sicuramente avrete l'applauso del vostro affezionato telespettatore, che il più giovsne oggi avrebbe minimo  80 anni.
Perchè l'Italia è una Nazione di vecchi.
Nascite quasi a zero

mercoledì 8 giugno 2022

Usura: per la Cassazione non sussiste alcuna imprescindibile esigenza di omogeneità

https://blog.ilcaso.it/news_1919
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Con Sentenza n. 16077/2022 la Cassazione torna sull'annosa questione dell'omogeneità del confronto da operarsi, ai fini del vaglio usuraio, tra i criteri di rilevazione del T.E.G.M.[1] ed il calcolo del T.E.G.[2] del singolo rapporto di credito.


E' noto come la norma di riferimento, la Legge n. 108/96, nel riformare il comma IV dell'art. 644 c.p. abbia previsto una definizione lata, ampia, omnicomprensiva di interesse, da intendersi, più propriamente, quale costo del denaro. Tale onnicomprensività è confermata dall'esclusione, unica, prevista dallo stesso legislatore in tale comma: «[…] per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito».

A favore della onnicomprensività, è di interesse la sentenza della Cass. Civ., Sez. I, 05 aprile 2017, n. 8806, Rel. Dolmetta, «La normativa di divieto dei rapporti usurari - così come in radice espressa dall'art. 644 cod. pen., nella versione introdotta dalla legge n. 108/1996, nel suo art. 1 - considera rilevanti tutte le voci del carico economico che si trovino applicate nel contesto dei rapporti di credito. […] Del resto, non avrebbe neppure senso opinare diversamente nella prospettiva della repressione del fenomeno usurario, l'esclusione di talune delle voci per sé rilevanti comportando naturalmente il risultato di spostare - al livello di operatività della pratica - la sostanza del peso economico del negozio di credito dalle voci incluse verso le voci escluse. […] La centralità sistematica della norma dell'art. 644 in punto di definizione della fattispecie usuraria rilevante non può non valere, peraltro, pure per l'intero arco normativo che risulta regolare il fenomeno dell'usura e quindi anche per le disposizioni regolamentari ed esecutive e per le istruzioni emanate dalla Banca d'Italia. Se è manifesta l'esigenza di una lettura a sistema di queste varie serie normative, pure appare chiaro che al centro di tale sistema si pone la definizione di fattispecie usuraria tracciata dall'art. 644, alla quale si uniformano, e con la quale si raccordano, le diverse altre disposizioni che intervengono in materia».

Il ruolo rivestito da Banca d'Italia deriva dall'art. 2 Legge n. 108/96, comma 2, che testé prevede: «La classificazione delle operazioni per categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie è effettuata annualmente con decreto del Ministro del tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi e pubblicata senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale».

A partire dal comune pensare, logicamente ispirato, che il confronto tra due entità abbisogni, per poter vantare un qualche significato, che venga rispettata l'omogeneità degli elementi da confrontare, la giurisprudenza di merito, senza approfondirne l'effettiva corrispondenza ed il rispetto di tale assunto, ha sposato tout court tale elementare principio facendo affidamento sulla buona tecnica utilizzata da Banca d'Italia. Tuttavia le "emanazioni" di Banca d'Italia, non si limitano alle suddette categorie, bensì sono rappresentate anche dalle Istruzioni per la Rilevazione dei Tassi Effettivi Globali Medi ai sensi della legge sull'usura: in ambo i casi si prospettano alcune criticità che fanno dubitare sull'effettiva coerenza con il disposto ex Legge n. 108/96, nonché dell'efficacia e coerenza tecnica dei criteri adottati.

E' sommessa ma convinta opinione dello scrivente che alcune categorie siano contraddistinte da disomogeneità ad origine, che sia innegabile l'incoerenza matematica di alcune formule per il calcolo dei T.E.G.M. (vedesi quelle da applicarsi ai conti correnti) e distorsivo il peso di esclusioni (illegittime) di voci di costo o di interi cluster.

Le C.M.S.[3] e gli interessi moratori sono tra le voci di costo che hanno suscitato maggiore contraddittorio a causa della mancata inclusione, ad opera di Banca d'Italia, nella rilevazione del T.E.G.M. e corrispondentemente, nel tasso soglia.

Per quanto attiene la Commissione di Massimo Scoperto la cassazione è intervenuta con la nota sentenza SS.UU. n. 16303/2018. Ebbene queste confermarono che «la commissione di massimo scoperto […] non può non rientrare tra le commissioni o remunerazioni del credito menzionate sia dall'art. 644, comma quarto, cod. pen. (determinazione del tasso praticato in concreto) che dall'art. 2, comma 1, legge n. 108 del 1996 (determinazione del T.E.G.M.), attesa la sua dichiarata natura corrispettiva rispetto alla prestazione creditizia della banca».

Discutibili risultano, invece, le conclusioni e la soluzione rimediale "proposta": la comparazione tra la C.M.S. e la C.M.S.-soglia è in netta contraddizione con il disposto normativo, laddove questo non fa alcun riferimento a singole voci di costo, bensì al costo "effettivo e globale" da calcolare e confrontare con quello rilevato per la medesima categoria di affidamento, per la quale trimestralmente viene determinato il T.S.U. sulla scorta del costo medio praticato. Non di meno, non si vede come possa essere espressione del costo del denaro non essendo tale procedimento in alcun modo parametrato all'effettiva misura del credito utilizzato. Tuttavia, perviene alla conclusione che tale metodica garantisca la "piena comparazione" (omogeneità): «La C.M.S. viene rilevata separatamente, espressa in termini percentuali […] rapportando l'importo della commissione effettivamente percepita all'ammontare del massimo scoperto sul quale è stata applicata". […] La presenza di tale dato [C.M.S. media] nei decreti ministeriali è sufficiente per escludere la difformità degli stessi rispetto alle previsioni di legge, perché consente la piena comparazione, tenendo conto di tutti gli elementi che la legge prevede, comprese le commissioni di massimo scoperto, tra i corrispettivi della prestazione creditizia praticati nelle fattispecie concrete e il tasso soglia: nel che si sostanzia, appunto, la funzione propria dei decreti in questione, la quale è dunque adempiuta».

Vediamo di dipanare ogni dubbio sul funzionamento di questo meccanismo (c.d. del "margine") che per chiarezza (ed efficacia) non eccelle. Spiegata in termini diversi dal dettato normativo, la commissione effettivamente applicata, per l'entità pari alla misura della C.M.S.-soglia (data dalla C.M.S. media aumentata del 50% così come si procedeva, a quell'epoca, per il ricavare il T.S.U. dal T.E.G.M.) risultava legittima, mentre l'eventuale parte eccedente, andava sommata con gli interessi per la verifica di "conformità" del T.E.G..

Orbene, la Corte non tiene conto della profonda differenza tra il concetto di accordato e di utilizzato: nel caso di specie, peraltro, mentre l'accordato ha una durata identificabile, nell'ipotesi della C.M.S. ci si riferisce ad una percentuale "secca" applicata ad un picco di utilizzo, non rapportata al tempo e del tutto disancorata dall'accordato stesso e dall'utilizzo del fido che il correntista ha fatto. La medesima percentuale applicata a due conti aventi medesimo affidato e uguale picco di utilizzo ma con sconfinamento di durata diversa, realizzano un costo del denaro innegabilmente diverso, in spregio (e negazione) della presunta perfetta equiparazione!

I numeri ci sovvengono in aiuto.

Ipotesi comune:

- fido pienamente utilizzato pari ad Euro 50.000,00;

- T.A.N. 5%;

- C.M.S. 0,75% (pari ad Euro 525,00);

- massimo scoperto 70.000,00.

Ora aggiungiamo due diverse ipotesi:

a) sconfinamento di 30 gg: CMS pari al 9,125% dello sconfinamento - T.E.G. 8,7573%;

b) sconfinamento di 60 gg: CMS pari al 4,562% dello sconfinamento - T.E.G. 8,3596%.

L'incidenza delle C.M.S. sullo sconfinamento e l'effetto sui T.E.G. sono tali da escludere la "piena comparazione" sulla quale si basa la stessa sentenza delle SS.UU. n. 16303/2018. Vediamo, infatti, che a parità di C.M.S. in termini percentuali ed assoluti, la sola diversa durata dello sconfinamento realizza un costo accessorio del denaro ben diverso. Il fattore tempo non può non essere tenuto in considerazione essendo un costo del denaro e ciò è confermato dalla stessa sentenza che prevede che le eventuali commissioni oltre-soglia, vadano a sommarsi agli interessi.

A ben guardare, sarebbe applicabile la massima ricavabile da questa sentenza, secondo la quale «la difformità degli stessi (decreti ministeriali) rispetto alle previsioni di legge […] imporrebbe al giudice ordinario di prendere atto dell'illegittimità dei decreti e di disapplicarli». Precetto di portata generale, valevole ogni qualvolta risultino contra legem, ossia non realizzino i presupposti fondanti della Legge n. 108/96. Il paradosso che ne ricaviamo è che le SS.UU. imporrebbero ai magistrati di disattendere lo stesso rimedio proposto per le C.M.S. non garantendo questo (testé) la "piena comparazione" paventata quale soluzione di tutti i mali.

Su questo solco si innesta la citata sentenza Cass. n. 16077/2022 che così commenta e motiva: «[…] a prescindere dal rilievo che le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 16303/2018, con l'elaborazione del predetto meccanismo che fa capo alla CMS soglia, hanno individuato una soluzione che consente di comparare dati omogenei, in ogni caso, non è condivisibile l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui costituirebbe elemento imprescindibile ai fini di accertare l'usurarietà del tasso applicato l'omogeneità dei termini di comparazione.

In proposito, questa Corte, nella recentissima sentenza a Sezioni Unite n. 19597/2020, nel ribadire l'orientamento interpretativo secondo cui in nessun caso il giudice è vincolato al contenuto della normazione secondaria nell'esercizio della sua attività ermeneutica […]» non fa che rimarcare quanto sostenuto (sino ad ora invano) dalla stessa SS.UU. n. 16303/2018 laddove impone ai Giudici di disapplicare le disposizioni di Banca d'Italia se contra legem.

Se vogliamo la Cass. n. 16077/2022, pur arrivando alla medesima conclusione, motiva che le "emanazioni" di Banca d'Italia sono rivolte al ceto bancario e non sono vincolanti per il calcolo del T.E.G. del singolo contratto: l'ampio margine tra T.E.G.M. e T.S.U. è tale da poter agevolmente "ammortizzare" eventuali incongruenze e anziché limitarsi a prevederne la "disapplicazione" colma un vuoto nell'individuare nella "buona tecnica" la soluzione rimediale, questione lasciata aperta dalle Sezioni Unite.

NOTE
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[1] T.E.G.M.: Tasso Effettivo Globale Medio rilevato da Banca d'Italia per categorie omogenee di credito (base di calcolo del T.S.U. - Tasso Soglia Usura)

[2] T.E.G.: Tasso Effettivo Globale del singolo rapporto di credito da sottoporre al vaglio usuraio

[3] C.M.S.: Commissione di Massimo Scoperto (per i conti correnti)